Puglia, chiusura 39 punti di primo intervento

Chiudere tutti i 39 punti di primo intervento con meno di 6mila accessi l’anno o provare a salvarne qualcuno dopo che dai territori è cominciata a mon

Coronavirus Puglia, su 11790 test 995 nuovi casi: 30 i morti. Tasso di positività giù all’8,43%. Oltre 81mila vaccinati
Meteo Capitanata, week end di Pasqua con vento e pioggia. Pasquetta con il sole
Covid: in Puglia 30 decessi e 386 positivi, il 4,4% dei test.

Chiudere tutti i 39 punti di primo intervento con meno di 6mila accessi l’anno o provare a salvarne qualcuno dopo che dai territori è cominciata a montare la protesta? È questo il dubbio che sta attanagaliando, in questi giorni, la maggioranza di centrosinistra e il governo Emiliano, alle prese con l’applicazione dei criteri (ma quello degli accessi non è l’unico) stabiliti dal decreto ministeriale 70.

Prova a suggerire una soluzione il presidente della commissione regionale Bilancio, Fabiano Amati (Pd): «si tratta di istituire, come previsto dal decreto Balduzzi, le unità complesse di cure primarie (Uccp), aperte ovviamente al primo intervento con personale 118». Ovvero, secondo Amati, una soluzione che «non ha nulla da spartire con le questioni del piano di rientro o del piano operativo, che giustamente reclamano la chiusura dei Ppi in quanto soluzione ospedaliera, e non territoriale». In pratica, non va commesso l’errore di sovrapporre la questione della chiusura dei Ppi, frutto temporaneo della riconversione dei Pronto soccorso ospedalieri, con le soluzioni territoriali (tipo Uccp) «che in molti casi abbiamo già e funzionano con soddisfazione». Ecco perché, monitorando i Ppi che abbiano dotazioni adeguate e siano dotati di Pta, si risolverebbe il nodo almeno in alcuni territori.

Il problema dei Ppi, rimarca Peppino Longo (vicepresidente del consiglio regionale) va affontato «evitando approcci esclusivamente ragionieristici». Bene, dunque, la decisione di Emiliano di ascoltare i sindaci dei comuni interessati, ma «propongo di estendere tali audizioni anche ai dirigenti medici e al personale del 118 per avere un quadro completo delle situazioni in particolar modo nelle zone turistiche». Netto no, dunque, «alla chiusura dei Ppi nelle località turistiche, semmai immediato rafforzamento», puntando ad un «potenziamento della medicina territoriale in una rete che preveda posti di primo soccorso, poliambulatori, case della salute decentemente distribuite sul territorio per assorbire e trattare le situazioni meno gravi». Con la chiusura dei 39 Ppi, invece, il rischio è che intere fette del territorio – distanti dai presidi – non riescano piùa garantire l’assistenza ai pazienti. Pensa al Brindisino il presidente della commissione Ambiente, Mauro Vizzino, visto che Mesagne, Ceglie Messapica, San Pietro Vernotico e Cisternino verrebbero colpite dal taglio.

«Il Gargano nord resterà senza punti di riferimento di primo intervento, dovendo ora riversarsi su San Giovanni Rotondo o Manfredonia, se non pure San Severo» tuona, preoccupato, Napoleone Cera (Popolari). Mentre punta l’indice sulla «precarietà gestionale provocata dal forsennato turnover, nei posti di comando, delle politiche sanitarie (Asl, Dipartimento della Salute, Agenzia regionale sanitaria) Erio Congedo (FdI). Allarga le braccia Nico Bavaro, segretario regionale SI («Poi qualcuno mi chiede le ragioni della rottura con Emiliano. Ogni giorno ce n’è una…»).

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