Manfredonia Zero Consiglieri Regionali

Il 55esimo anniversario della istituzione della Regine Puglia non ha portato bene a Manfredonia rimasta esclusa dal Consiglio regionale rinnovato

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Il 55esimo anniversario della istituzione della Regine Puglia non ha portato bene a Manfredonia rimasta esclusa dal Consiglio regionale rinnovato domenica e lunedì scorsi. La pattuglia degli aspiranti sipontini a sedere nel maggior consesso politico-amministrativo pugliese è stata piuttosto numerosa e agguerrita. Ma già le previsioni circolate non erano granché benevoli: il responso delle urne è stato inesorabile. Manfredonia è stata cancellata dalla rappresentanza in Regione. Così come era già successo nel periodo che va dal 1980 al 2005.
Il primo manfredoniano ad approdare al Consiglio della Regione Puglia è stato Nicola D’Andrea (PCI), nel 1975, seconda legislatura del consiglio regionale istituito il quinquennio prima; ad affiancarlo ma per un solo anno dal 1979 al 1980, Renzo Gatta (MSI), primo dei non eletti, subentrato ad Antonio Piacquadio.
Per le successive cinque legislature tutti i tentativi di approdare in quel consesso sono sistematicamente falliti. Nel 1980 Berardino Tizzani è stato primo dei non eletti. Le porte del Consiglio regionale che all’epoca era allocato in Via Capruzzi, si riaprirono alla rappresentanza manfredoniana nel 2005. A Bari approdarono Angelo Riccardi (DS) e Franco Ognissanti (Margherita). Nel quinquennio successivo Manfredonia riuscì ad inviare alla Regione nuovamente due consiglieri: Franco Ognissanti (PD) e Giandiego Gatta (Popolo della libertà). Il trend positivo è proseguito con la decima legislatura regionale: nel 2015 a Bari tornò Giandiego Gatta (FI) con l’esordiente Paolo Campo (PD). Nel 2020 furono confermati Paolo Campo e Giandiego Gatta che però vi rimase fino al 2022 quando venne eletto al Parlamento.
Con il 2025 Manfredonia, almeno per quanto riguarda il Consiglio regionale, è tornato ai tempi bui. E non pare un inciampo di percorso. Le avvisaglie di una situazione problematica c’erano tutte. Le condizioni di fondo politiche, economiche e dunque sociali sono profondamente mutate, scadute a livelli allarmanti. Il segnale più evidente e oggettivamente incontestabile, è quel 37,52 percentuale di cittadini che hanno deciso di recarsi ai seggi elettorali e votare, scegliere cioè a quale candidato affidare le proprie aspettative di assicurare a questa parte di Puglia la rappresentanza della città.
Solo 37,52 %, cioè meno di 18 mila elettori: appena cinque anni fa sono stati 53,38 per cento, corrispondente a 26.071 votanti; una percentuale ben lontana da 79,83% registrato nelle politiche del 1994. Numeri che mettono in dubbio la Democrazia. Gli interrogativi che zampillano sono tanti e inquietanti. E occorre rilevare che una buona fetta di cittadini non ha voltato perché assente da Manfredonia: i manfredoniani oltre a non nascere più in casa propria, emigrano, vanno via in cerca, e lo trovano, di quello che serve a vivere tranquillamente.
Una condizione inquietante che ha nella politica una delle variabili risolutive.
Se si guarda agli avvenimenti che hanno determinato e condizionato la politica amministrativa della città, ci si rende conto che Manfredonia ha subito gli oltraggi più nefasti. Amministrazione contestata e fatta cadere; sciolta per infiltrazioni mafiose; amministratori finiti nelle aule dei tribunali; gestioni commissariali a ripetizione. A tanto si aggiunge lo sbandamento organizzativo politico frazionato in mille rivoli sempre più personalizzati coinvolgendo gli stessi Partiti la cui gestione pluralistica si è andata sempre più risicando finendo anch’essi parcellizzati.
In questa importante tornata elettorale, le varie e diverse forze politiche anziché fare quadrato coalizzandosi per mandare a Bari una rappresentanza della città che lavorasse per la città, si sono sbracciate a mettersi singolarmente in gara pensando a sé stessi, magari boicottando il co-candidato. Ciascuno illudendosi di essere il salvatore del vapore. Quando occorreva ispirarsi al ben noto motto dei moschettieri del re. Così come hanno saputo fare in altre realtà viciniori ottenendo risultati straordinari. Il risultato è quello che è. Manfredonia è rimasta a guardare. Una situazione che si accentuerà quanto meno nel corso di questa legislatura regionale. Non c’è pertanto da meravigliarsi della risposta dei cittadini è stata quella inesorabile affidata alle urne elettorali. Nudo e crudo un messaggio su cui riflettere seriamente.
Il problema e la preoccupazione della gente è quella di verificare se la lezione “Regione zero” è servita o meno. Se si saprà fare buon uso dei cocci rimasti. Il pensiero corre alla compagine amministrativa in carica, l’unico baluardo sul quale ricostruire la credibilità perduta. Il superstite barlume di speranza fattiva e propositiva, sulla quale sarebbe opportuno, doveroso, aggrapparsi per cercare di uscire dalle sabbie mobili appena ricordate. Ad un anno e mezzo dall’insediamento a Palazzo San Domenico, la squadra di governo cittadino sta dimostrando di avere voglia, capacità e orientamento per percorrere la strada giusta imboccata. E’ tempo di indirizzare responsabilmente la barra di comando verso obiettivi oggettivamente validi che tronchino con un passato oscuro e portino Manfredonia verso i traguardi confacenti al suo ruolo e che tornino vantaggiosi per la città e i suoi cittadini.
Michele Apollonio

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