Le parole scritte in una chat privata possono avere il peso di un contratto. È questo il principio affermato da una recente sentenza del Tribunale

Le parole scritte in una chat privata possono avere il peso di un contratto. È questo il principio affermato da una recente sentenza del Tribunale di Catanzaro, destinata a fare scuola nel panorama giuridico italiano. La decisione equipara infatti gli screenshot delle conversazioni WhatsApp a veri e propri contratti, attribuendo loro valore di “prova scritta” in sede processuale.
Il caso è nato dalla disputa tra due ex coniugi. Dalle chat era emerso un accordo chiaro: il marito si impegnava a pagare le rate del mutuo dell’abitazione familiare, mentre la moglie rinunciava contestualmente all’assegno di mantenimento. Una scrittura privata, mai formalizzata su carta per i rapporti tesi e l’“impossibilità morale” di un’intesa tradizionale, è stata così riconosciuta dalla legge proprio grazie ai messaggi scambiati sulla piattaforma di messaggistica.
Il risultato concreto è stato dirompente: il tribunale ha annullato un decreto ingiuntivo di quasi 21mila euro con cui la donna era stata condannata a rimborsare all’ex marito metà delle rate del mutuo. La conversazione virtuale ha invece avuto valore probatorio sufficiente a dimostrare l’accordo tra le parti, cambiando l’esito della causa.
Una pronuncia che apre scenari significativi: se le chat, spesso usate con leggerezza, possono diventare vincolanti come un contratto pre o post matrimoniale, allora ogni parola scritta in uno spazio digitale assume un peso ben maggiore di quello che molti immaginano.

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