L’economia pugliese tra incognite geopolitiche e segnali positivi per il lavoro

All’apparenza il clima è sereno, ma le nubi all’orizzonte sono sempre più minacciose. Lo scenario economico del 2025 risentirà inevitabilmente delle incognite geopolitiche: dal rischio dazi ai conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente sempre più in fiamme. Per farsi un’idea sullo stato attuale dell’economia regionale bisogna risalire agli ultimi dati di Bankitalia sul prodotto interno lordo relativi ai primi sei mesi del 2024. Si registrava una crescita dello 0,5 per cento. Molto meno dell’1,1 del 2023. E ben distante da quel + 5,4 per cento raggiunto nel 2022, frutto, però, della ripresa post Covid. E allora dov’è questo clima sereno? Anzitutto in una constatazione: in questi anni la Puglia è cresciuta più del resto del Mezzogiorno. E poi l’occupazione: il 2024 si è chiuso con 1 milione 304 mila occupati: 11mila in più rispetto all’anno prima, il numero più alto di lavoratori dal 2018. I sindacati però mettono in guardia sulla qualità della nuova occupazione: sempre più a tempo determinato, se non proprio precaria. Per non parlare del divario occupazionale fra uomini e donne ancora troppo grande. I motori della crescita economica regionale sono chiari: l’agroalimentare (+3,7 per cento nel 2024 rispetto all’anno precedente). Ma anche il turismo: nel solo mese di aprile un milione di presenze e non era mai accaduto prima. Segnali meno positivi dalla meccatronica che risente della crisi dell’automotive. E qui si apre il tema dolente del lungo elenco delle vertenze industriali, fra queste la Bosch di Bari. E poi il Moloch fra tutte le vertenze: l’ex Ilva. Il futuro dell’acciaieria – fra inquinamento, cassintegrati e incertezze sulla vendita – è un groviglio difficile da sciogliere. Ed è la nube più nera che incombe sull’economia pugliese.