Ghetto di Borgo Mezzanone, l’appello di Angiola e Morelli: “Chi semina nei nostri campi merita dignità, non baracche e silenzio”

“Non parliamo di clandestinità da giustificare, né di illegalità da tollerare. Parliamo di persone che raccolgono i frutti nei nostri campi e veng

Puglia, Giunta stanzia 10 mln per reddito di dignità e 60 mln per servizi territoriali
Coldiretti Puglia, con caldo record riaperto l’80% delle gelaterie
Avaria a motore: Capitaneria di porto salva 8 persone a largo di Mattinata

“Non parliamo di clandestinità da giustificare, né di illegalità da tollerare. Parliamo di persone che raccolgono i frutti nei nostri campi e vengono ripagate con baracche, rifiuti e silenzio istituzionale”. È una denuncia dura quella lanciata da Nunzio Angiola, consigliere comunale di Foggia, e Armando Morelli, responsabile Immigrazione del movimento politico Cambia, che oggi hanno visitato il ghetto di Borgo Mezzanone, nell’ambito del Convegno Regionale promosso da Caritas Puglia.

Una visita che si è trasformata in un grido politico e morale, rivolto direttamente alle istituzioni. “Abbiamo camminato tra le lamiere, il degrado, la povertà – dichiarano i due esponenti – e soprattutto abbiamo visto la contraddizione più scandalosa del nostro tempo: ci indigniamo per i ghetti, ma accettiamo che chi ci vive dentro porti il cibo sulle nostre tavole”.

Secondo Angiola e Morelli, “il problema non è l’immigrazione, ma l’ipocrisia di uno Stato che sfrutta forza lavoro irregolare e poi la abbandona, senza controlli, senza regole, senza alternative vere”. I due esponenti politici puntano il dito anche contro la mancata attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Che fine hanno fatto i 200 milioni del Pnrr destinati al superamento dei ghetti di Capitanata? Il rischio di perderli è altissimo. Vergogna!”.La proposta di Cambia è chiara: regole certe, percorsi legali per chi è irregolare, rimpatri seri per chi non ha titolo di restare, ma soprattutto contratti e alloggi dignitosi per chi lavora ogni giorno nei campi.

“‘Spalancare le porte’ – concludono Angiola e Morelli – non significa spalancare i confini. Significa governare, rispettare il lavoro e le persone. A nessuno venga mai a mancare la speranza di una vita migliore, soprattutto se quella speranza la semina nei nostri campi”.

COMMENTI

WORDPRESS: 0