Mafia del pizzo a Foggia, arrestati i figli del “Primitivo”. Alle vittime dicevano: “Qua comandiamo noi”

I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emess

Moto uscita fuori strada a Foggia, il ragazzo morto aveva 18 anni appena compiuti
Mafia foggiana caso mondiale, CNN e Wall Street Journal in provincia. “Paga o brucia, il messaggio dei clan alle imprese”
In fiamme macchia mediterranea sulla Manfredonia – Monte

I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo, che ha diretto e coordinato le indagini dei militari dell’Arma, a carico di due persone.

In particolare, gli investigatori dell’Arma, durante le indagini sviluppate in occasione degli attentati dinamitardi di presumibile matrice mafiosa del gennaio scorso, hanno accertato, quanto meno in questa fase preliminare in termini di gravi indizi di colpevolezza, un’estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un esercizio pubblico di Foggia. Ancora una volta, indagini tradizionali e investigazioni tecniche hanno consentito agli inquirenti di riscontrare, in un territorio notoriamente caratterizzato da omertà e reticenza, un’azione criminale, ritenuta di matrice mafiosa, ad opera di due fratelli ventenni di Foggia Giuseppe Bruno di 24 anni e Roberto Bruno di 20 anni, già noti alle Forze dell’Ordine, figli tra l’altro del noto pregiudicato Gianfranco Bruno detto “il primitivo” ritenuto intraneo alla “Società foggiana” e precisamente alla batteria “Moretti-Pellegrino-Lanza”, attualmente detenuto in carcere per un’altra operazione antimafia, eseguita sempre della DDA di Bari e del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Foggia.

I due giovani fratelli, in concorso tra loro e agendo in più persone riunite, a fine gennaio scorso, avrebbero costretto i titolari di un bar a somministrare loro alimenti e bevande gratuitamente, con l’obiettivo di imporre la propria presenza mafiosa, desumibile nello specifico, come stigmatizzato dal gip del Tribunale di Bari nella relativa ordinanza, dalla frase “qua comandiamo noi”. Facendo così leva sulla palesata caratura criminale e dal contesto ambientale in cui si realizzava la presumibile illecita richiesta, i due indagati, agendo di fatto sullo stato di succubanza psicologica delle persone offese, hanno determinato nei loro confronti paura di subire violenze e ritorsioni ai propri beni, evocando la verosimile esistenza di consorterie e sodalizi criminali capaci di realizzare forme di assoggettamento e controllo del territorio e delle attività di impresa ivi esercitate. Infatti, le vittime dell’estorsione, ad un certo punto, hanno addirittura pensato di chiudere il proprio locale, cosa tra l’altro fatta seppur temporaneamente, e di trasferirsi altrove, pur di sfuggire da tale pericolosa “morsa” criminale.

COMMENTI

WORDPRESS: 0