In Puglia il colloquio con le opposizioni è stato sempre aperto. Abbiamo cercato di non essere l’incarnazione della politica che si fa sulle barricat
In Puglia il colloquio con le opposizioni è stato sempre aperto. Abbiamo cercato di non essere l’incarnazione della politica che si fa sulle barricate. Abbiamo scritto pagine di buona politica in questa regione che è stata l’unica a non finire nell’elenco di rimborsopoli». A dirlo il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola durante la conferenza stampa di fine anno.
Quello di oggi è un appuntamento di routine per tracciare il bilancio di un ano di attività, ma è anche l’ultimo saluto ufficiale alla Puglia che ha governato per un decennio. Cominciato con la sorpresa del primo governatore comunista alla guida di una Regione tradizionalmente di destra (era il lontano 2005) e proseguito negli anni successivi con azioni di sistema sia sul «brand» Puglia (l’immagine della regione nel turismo e nella cultura) sia sull’industria (l’enorme piano anti-ciclico partito nel 2008) e sulla sanità (il piano regionale della salute, bruscamente interrotto dal famigerato piano di rientro del 2010).
Azioni di governo che, soprattutto nella prima legislatura, hanno radicalmente modificato la Puglia nei suoi assetti economici, nell’ambiente e nei servizi sociali, nella formazione giovanile e nei trasporti. Cinque anni fa, con la rielezione, un deciso cambio di rotta: prima la possibile scalata nazionale a fine 2010 – quando da sinistra lo davano per premier pregustando la caduta di Berlusconi – poi la parabola discendente dei governi tecnici, il cappio al collo della spesa del Patto di Stabilità, la «mezza» vittoria alle urne del 2013 (con il rientro della sinistra in Parlamento e la repentina uscita di scena del Pd bersaniano).
Infine, la decisione di Vendola di restare qui, nella sua terra, a governarla sino all’ultimo, perdendo però il «navigatore» del seggio in Parlamento e i remi della politica nazionale (ma anche regionale). Nel mezzo delusioni e inchieste, una delle quali (il caso Ilva) ha finito per travolgere lui stesso: la legislatura che va a concludersi, di fatto, è apparsa assai più debole della precedente e la autorevolezza del leader politico ne è risultata minata, con la corsa in anticipo sui tempi del successore.
LA CATASTROFE DEL GARGANO
“Questo anno è stato segnato molto dalla drammaticità della ripresa dopo l’estate con la catastrofe degli eventi alluvionali nel Gargano. Parto di lì perchè la politica è confronto con la vita e la morte, con i bisogni fondamentali dei cittadini”, ha detto il presidente della Regione Puglia alla presenza di tutti gli assessori regionali. “La grande fragilità a cui abbiamo provato a dare risposta – ha detto ancora riferendosi alla tragedia del Gargano – che travalica i limiti di questo anno di governo, è strategica e strutturale, ed affronta la fragilità fisica, ambientale, del territorio. Noi 10 anni fa non avevamo gli strumenti minimi per tutelarci di fronte agli eventi meteorologici estremi. Oggi invece la macchina è funzionante e lo abbiamo dimostrato proprio sul Gargano”.
“Oggi presentiamo – ha detto ancora – il senso del cammino svolto quest’anno e le cose messe in cantiere che saranno il lavoro per i prossimi mesi mentre la conferenza del decennio sarà programmata a maggio per dare in maniera documentata e puntuale un quadro di cosa è successo in due legislature: un ciclo politico che per me ha rappresentato impegno quotidiano faticoso ed entusiasmante. Ci teniamo oggi – ha spiegato Vendola – a presentare il profilo del cambiamento apprezzabile in un decennio.
V
endola ha voluto inoltre ringraziare il presidente del Consiglio regionale, Onofrio Introna, per “aver sempre permesso di trovare le ragion di dialogo e confronto”. “In Puglia abbiamo marcato la differenza anche su questo – ha detto – aprendo il sempre il discorso con le opposizioni a dimostrazione che non siamo stati la politica segnata dalle barricate e dalla contesa irriducibile. Abbiamo insomma scritto pagine di buona politica in questa regione, l’unica che non è apparsa nella cartina geografica delle cose più brutte come rimborsopoli”.
E SULL’ALTRO FRONTE FITTO IN GUERRA COL CAVALIERE
Parabola non diversa per Fitto, «protesi» di Berlusconi ancora nel 2009 ed oggi «spina nel fianco» del Cavaliere nella battaglia per un cambio di rotta del partito, Forza Italia. Perse le regionali del 2010 col candidato governatore Palese, Fitto resta ben in sella come ministro degli Affari regionali per il governo Berlusconi sino al novembre 2011: è in quegli anni che «testa» la sua presa politica ben al di là dei confini pugliesi e che lo porterà, alle Europee dello scorso maggio, ad essere l’eurodeputato più suffragato in Italia. Una medaglia, però, che nessuno oggi intende riconoscergli: a Roma temono l’Opa sulla guida del Cavaliere ed ecco l’ex delfino mettersi alla testa dei «frondisti», i dissidenti azzurri che vogliono un cambio di rotta.
Un isolamento politico rischioso, vista la repentina discesa del partito nelle ultime elezioni e la difficoltà a farsi spazio in una «nuova» destra che già guarda a Salvini. Lui tira dritto e ricorda che non intende iscriversi né a «Forza Matteo 1 (Renzi) né a Forza Matteo 2 (Salvini)», ma nel frattempo, Forza Italia in Puglia precipita e, persa l’occasione delle primarie già convocate per il 23 novembre, ha perso anche la seconda, pure annunciata: individuare entro Natale il candidato da schierare contro Emiliano. Ancora un anno fa, uno scenario inimmaginabile.
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