I SENZA LAVORO DI MANFREDONIA

iscritti nel Centro per il lavoro provinciale - una popolazione in declino - una bella corsa all’indietro - Eppure a guardare la città - per tanti ver

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iscritti nel Centro per il lavoro provinciale – una popolazione in declino – una bella corsa all’indietro – Eppure a guardare la città – per tanti versi sconvolgente – l’arte di arrangiarsi – chi lavora a Manfredonia? – C’è di che preoccuparsi>>

  Se i duecento lavoratori della Manfredonia vetro riusciranno a conservare, come tutti si augurano, il proprio posto di lavoro, i disoccupati di Manfredonia rimarranno a quota 33.407. Tanti sono infatti i disoccupati iscritti nel Centro per il lavoro provinciale, così specificarti: disoccuparti 17.662 (52,87%) di cui F 8.466 (47,21%), M 9.169 (59,43%); inoccupati 9.702 di cui F 6.742 (37,69%), M 2.960 (19,13); occupati in cerca di lavoro 6.043 di cui F 2.725 (15,20%), M 3.318 (21,44%). Ben circa il 60 per cento della popolazione scesa a 56.840 unità. Un numero peraltro nominale che va aggiornato al ribasso in continuo. Nel 2016 il saldo del movimento della popolazione, comprendente i nati, i morti, gli immigrati e gli emigrati, è negativo, attestato a meno 243 unità. Una emorragia continua. I numeri sono implacabili, dicono che è una popolazione in declino: i morti (487) superano i nati (453), gli emigrati sono stati 894 compensati da 685 immigrati per lo più extracomunitari.    Anche i numeri riferiti ai senza lavoro vanno aggiornati al ribasso: sono tanti infatti le persone specie giovani che non si iscrivono al CPI. Ci sono poi quelle che perdono il lavoro strada facendo, non solo nelle attività produttive ormai vicine allo zero, ma anche nella attività del terziario. Non c’è che dire: una bella corsa all’indietro.    Eppure a guardare la città non si direbbe. L’edilizia ha avanzato conquistando aree che forse potevano essere utilizzate diversamente in maniera produttiva; la città se non è sempre in festa poco ci manca; le strade centrali e di periferia sono sempre più occupate da automobili (se ne calcolano introno a centomila); la gente si dedica tranquillamente allo sport preferito, lo struscio per corso Manfredi; sale da gioco sparse ovunque; gli inquilini di Palazzo San Domenico che si trastullano in infinite dispute sulla conquista di quella o di quell’altra poltrona come se quel che avviene fuori non li riguarda. Insomma per chi arriva da fuori e da lontano, vede una città idillica, immersa in uno stato di beato incantamento. I loro occhi sono come gli obiettivi dei sempre più numerosi droni che riprendono dall’alto una città che appare sfavillante di colori e di luci.    Fin qui un verso peraltro parziale della medaglia, dall’altro c’è una città che pure viene ripresa da obiettivi fotografici ma da terra, che documentano una realtà per tanti versi sconvolgente. Raccontano di aree industriali abbandonate, di un porto alla deriva, di strade sconnesse, di un mercato ittico ansimante, del verde trascurato, di interi quartieri lasciati a sé stessi e via di questo passo. La popolazione dolente, orgogliosa e dignitosa, ma sofferente che s’arrangia alla men peggio. C’è una gran parte di manfredoniani che conosce bene e pratica l’arte di arrangiarsi. Magari abbandonando la città natia. I numeri parlano chiaro e forte. Una città dalle mille e macroscopiche contraddizioni. Economiche e sociali e dunque politiche. Una città nella quale il lavoro è sempre più latitante. Già: chi lavora a Manfredonia? Mancano dati in proposito. Se si va per differenza con chi non lavora, non ne rimangono molti. La cronaca ci fornisce qualche suggerimento peraltro non nuovo: la droga, il lavoro nero, attività occulte. C’è di che preoccuparsi. Per fortuna arriva il carnevale e dunque ogni illusione vale.

Michele Apollonio
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