Pesca in adriatico Rivolta delle marinerie appello a Parlamento Ue

Imprese di pesca da tutte le marinerie pugliesi: da Manfredonia a Gallipoli, passando per Mola, Brindisi e Nardò insieme a rappresentanze dalle Marche

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Imprese di pesca da tutte le marinerie pugliesi: da Manfredonia a Gallipoli, passando per Mola, Brindisi e Nardò insieme a rappresentanze dalle Marche e dalla Campania per poter, finalmente, dire la propria. L’occasione è un incontro con il vice presidente vicario del Parlamento Europeo Gianni Pittella organizzato a Monopoli dai consiglieri comunali del Pd. Sul tavolo del dibattito il tema della tutela del mar Adriatico dall’aggressione delle multinazionali del Petrolio e dalla morte economica legata al settore della pesca.

«Quando tutte le associazioni di categoria invitavano alla calma noi mettevamo le imprese in allarme – spiega Francesco Caldaroni, armatore di Civitanova Marche che interviene come presidente nazionale dell’Associazione Marinerie d’Italia – perché la questione delle maglie delle reti era chiarissima sin dall’inizio. Fin dalle prime stesure era chiaro che sarebbe diventato un cappio al collo delle imprese». «Quando sono nato io – dice con rabbia e disperazione Michele Carpano della marineria di Manfredonia – fare il pescatore era un mestiere nobile. Adesso ci dipingono come delinquenti, come il male dell’Adriatico». La licenza a punti, il caro gasolio, le maglie delle reti, le quote di pesca per il tonno: una serie infinita di questioni che rischiano di far colare a picco non solo le imprese, ma anche migliaia di famiglie. «Molti di noi – dice Caldaroni – ha fatto un mutuo per acquistare la propria licenza, qualcuno ha ipotecato la casa e se basta un pesce sotto taglia per incorrere in sanzioni, rischiamo di rimanere senza licenza e senza casa».

La spada di damocle della licenza a punti: sette punti (su 90 massimo per ciascuna licenza) per un pesce sotto taglia e 4mila euro di multa. Poi la sospensione della licenza: temporanee in un primo momento con tempi variabili tra 2 e 8 mesi. Fino alla sospensione definitiva alla quinta infrazione. Mentre il cappio si stringe attorno alle imprese delle nazioni comunitarie, il resto del Mediterraneo non ha regole né freni inibitori: le acque internazionali sono terra di nessuno. A tutto questo si aggiunga il disegno, ancora contenuto nel decreto liberalizzazioni del Governo Monti, di «incentivare le infrastrutture tramite le maggiori entrate rinvenienti dallo sfruttamento di idrocarburi». «Per molti giorni, dopo le prospezioni della Northern Petroleum, non abbiamo pescato nulla» dice un pescatore della marineria di Brindisi.

«Esiste il problema della concorrenza sleale all’interno del comparto – spiega Gianni Pittella, europarlamentare lucano del Pd e vice presidente del Parlamento europeo – ma esiste anche una impotenza dell’istituzione europea sui temi energetici, come lo sfruttamento degli idrocarburi in mare, contro cui pure ci siamo mossi con una interpellanza parlamentare». Gli umori sono bassi, la preoccupazione concreta e si traduce nella frase di un pescatore campano: «sembra che l’Unione Europea ci stia dicendo tra le righe di cambiare mestiere, ma noi siamo nati per mare».
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